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Ancora sul parlare in altre Lingue, l’Interpretazione di esse e la Profezia

27 giugno 2024

Ancora sul parlare in altre Lingue, l’Interpretazione di esse e la Profezia

Ci sono nella Chiesa persone che si presentano con titoli altosonanti come Apostoli, Pastori o Profeti, ed insegnano e mettono in pratica che il dono dell’Interpretazione delle lingue è un parlare di Dio rivolto agli uomini, cioè esso è un messaggio rivolto alla Chiesa che Dio manda attraverso le parole della manifestazione di quel dono spirituale (cfr. 1Cor. 12:1-11).

Per capire cosa siano quei doni spirituali e come si manifestino, bisogna studiare ciò che dicono le Scritture, non bisogna rimanere nell’ignoranza.

L’Apostolo Paolo ha scritto ai santi di Corinto, tra l’altro, queste parole:

«Perché chi parla in altra lingua NON parla agli uomini, ma a Dio; poiché nessuno l’intende, ma in ispirito proferisce misteri.

Chi profetizza, INVECE, parla agli uomini un linguaggio di edificazione, di esortazione e di consolazione.» (1 Corinzi 14:2-3)

Pertanto, da quelle chiarissime parole di Paolo, comprendiamo che coloro che profetizzano, quindi in loro si manifesta il dono spirituale di Profezia, parlano con parole rivolte agli uomini, è Dio che manda un messaggio ad un credente o alla Chiesa (cfr. 2Sam. 23:2), e si tratta di un messaggio che può contenere un contenuto utile per l’edificazione dei santi, o l’esortazione dei ribelli o la consolazione di coloro che sono afflitti.

In merito alla manifestazione del dono spirituale di Profezia, che ripeto è un parlare di Dio rivolto agli uomini, vi faccio questo esempio per farvi capire esattamente cos’ha voluto concretamente dire Paolo con quelle sue parole che vi ho riportate sopra:

«L’anno decimo, il decimo mese, il dodicesimo giorno del mese, la parola dell’Eterno mi fu rivolta in questi termini:

‘Figliuol d’uomo volgi la tua faccia contro Faraone, re d’Egitto, e PROFETIZZA CONTRO DI LUI e contro l’Egitto tutto quanto; parla e di’:

Così parla il Signore, l’Eterno: Eccomi contro di te, Faraone, re d’Egitto, gran coccodrillo, che giaci in mezzo ai tuoi fiumi, e dici: – Il mio fiume è mio, e son io che me lo son fatto! …» (Ez. 29:1-3)

In quel caso Iddio disse ad Ezechiele di Profetizzare quelle parole rivolte al Faraone e all’Egitto. Così, similmente, si manifesta oggi il dono spirituale di Profezia, con un parlare che Dio rivolge agli uomini.

Il parlare in altre lingue, invece, può riguardare sia il parlare UNA sola lingua dal momento in cui si viene battezzati con lo Spirito santo (cfr. Atti 2:1-13), oppure si riceve da Dio il dono spirituale di parlare DIVERSE lingue incomprensibili a chi le parla, infatti tale dono spirituale viene chiamato da Paolo in questo modo:

«Or a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per l’utile comune. Infatti, a uno è data mediante lo Spirito …; a un altro, diversità di lingue» (1 Cor. 12:7-8, 10)

Comunque, in entrambi i casi, sia quando si parli in una lingua come segno di essere stato battezzato con lo Spirito santo, sia quando si manifesta il dono spirituale di parlare diversità di lingue, le parole sono da considerare sempre rivolte a Dio, e mai agli uomini.

La dimostrazione di ciò che ha detto Paolo, che si parla a Dio mediante il segno del parlare in un’altra lingua quando si viene battezzati e riempiti con lo Spirito santo, si trova in ciò che avvenne ai circa centoventi il giorno della pentecoste, e Luca ce lo ha raccontato in questo modo:

«E tutti furon ripieni dello Spirito Santo, e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro d’esprimersi. Or in Gerusalemme si trovavan di soggiorno dei Giudei, uomini religiosi d’ogni nazione di sotto il cielo. Ed essendosi fatto quel suono, la moltitudine si radunò e fu confusa, perché ciascuno li udiva parlare nel suo proprio linguaggio.

tanto Giudei che proseliti, Cretesi ed Arabi, li udiamo parlar delle cose grandi di Dio nelle nostre lingue.» (Atti 2:4-6, 11)

Per quanto riguarda la specificazione di cosa sia il parlare con il dono spirituale del parlare diversità di lingue, non una soltanto quindi, lo spiega sempre Paolo con queste parole scritte ai santi di Corinto:

«poiché, se prego in altra lingua, ben prega lo spirito mio, ma la mia intelligenza rimane infruttuosa.

Che dunque? Io pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l’intelligenza;

salmeggerò con lo spirito, ma salmeggerò anche con l’intelligenza.

Altrimenti, se tu benedici Iddio soltanto con lo spirito, come potrà colui che occupa il posto del semplice uditore dire ‘Amen’ al tuo rendimento di grazie, poiché non sa quel che tu dici?

Quanto a te, certo, tu fai un bel ringraziamento; ma l’altro non è edificato.

Io ringrazio Dio che parlo in altre lingue più di tutti voi» (1 Cor. 14:14-18)

Quindi, Paolo ci fa sapere che anche il parlare in altre lingue è un parlare che parte dall’uomo ed è indirizzato a Dio, rivolto a Dio, a differenza della Profezia, che è un parlare che parte da Dio ed è rivolto all’uomo. Infatti, la preghiera è composta da parole che l’uomo deve rivolgere a Dio; così pure il salmeggiare (cantare) è un parlare rivolto a Dio; e così pure il benedire Iddio è sempre un parlare dell’uomo rivolto a Dio; e pure il ringraziamento è un parlare rivolto a Dio.

L’interpretazione delle lingue, è la semplice traduzione letterale del parlare in altre in lingue, che uno, o massimo tre in comunità possono fare e non tutti insieme, ma uno dopo l’altro, affinché ci sia ordine e non confusione (cfr. 1Cor. 14:27-28).

Ora leggiamo qual è il senso della parola interpretazione secondo il senso che ne dà la Parola di Dio:

«E venuta l’ora sesta, si fecero tenebre per tutto il paese, fino all’ora nona. Ed all’ora nona, Gesù gridò con gran voce:

Eloì, Eloì, lamà sabactanì?

il che, interpretato, vuol dire:

Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Marco 15:33-34)

Da ciò che si è letto, comprendiamo chiaramente qual è il significato delle parole di Gesù dette in Ebraico, interpretate, cioè tradotte letteralmente in greco, che noi possiamo leggere anche in italiano.

Pertanto, avendo compreso dalla Scrittura che l’interpretazione delle lingue è la traduzione letterale di ciò che viene detto in lingue sconosciute, ed avendo dimostrato che le lingue sono un parlare rivolto a Dio, anche le parole dell’interpretazione, per forza di cose, deve essere un parlare rivolto a Dio, non potrà mai essere un messaggio rivolto agli uomini, né rivolto alla Chiesa, né rivolto ai popoli, come invece è la Profezia, com’è stato detto sopra su tale dono spirituale.

Fratelli, come disse Paolo, vi scrivo queste cose sui doni spirituali perché non voglio che siate nell’ignoranza e non voglio che siate ingannati dai cianciatori e seduttori di menti che ci sono in mezzo alla Chiesa, i quali, purtroppo, sono riusciti ad ingannare molti ed a far credere che l’interpretazione sia un messaggio rivolto alla Chiesa, quando invece non è assolutamente come dicono quei tali che traviano i santi e li spingono nella via dell’errore, e creano anche grave scandalo con la loro confusione sia in pratica che dottrinalmente, ed allontanano molti credenti dalla promessa di Dio del battesimo con lo Spirito santo e dal desiderare i doni spirituali distribuiti dallo Spirito santo come Egli vuole.

Cari nel Signore, vi dico questo, se avviene che quei tali non intendono la verità che sta scritta nella Parola che lo Spirito santo fa comprendere, perché Egli ci guida in tutta la verità e, a maggior ragione lo farà con chi viene ripieno di Spirito santo, vi dico che quei tali non sono da Dio, ma dal diavolo, perché falsificano i doni potenti e gloriosi che vengono dall’Alto, dall’Iddio vivente e vero, trasformandoli in confusione di sillabe quando parlano in lingue (cfr. 1Cor. 14:10) e nell’interpretazione dicono parole che non provengono da Dio, ma le dicono per presunzione, arroganza e per sedurre se fosse possibile anche tutti gli eletti di Dio.

Perciò, diletti e fedeli nel Signore, riflettendo sulle parole che vi ho scritto brevemente e studiando molto attentamente tutto ciò che dicono le Scritture, badate di non farvi ingannare né sedurre dai cianciatori e seduttori di menti che circolano numerosi in mezzo alla Chiesa, e considerando quanto si vede o si ode, che “Dio non è un Dio di confusione, ma di pace” (1Cor. 14:33).

L’amor mio è con tutti voi in Cristo Gesù.

Giuseppe Piredda

 

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